ALESSANDRO DARI ︎︎︎


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Firenze, 27 Agosto 2019

Il Grand Tour mi ha portata a Firenze, dove dopo secoli di silenzio ho avuto la sensazione che l’arte vivente in questa città abbia ripreso il sopravvento, libera e senza tempo, nel museo atelier di Alessandro Dari.

Entrando nel museo atelier di Alessandro Dari si ha la sensazione di entrare in un mondo parallelo: le luci ed ombre, il suono di un carillon, la musica classica, la prua di una nave, oblò dai quali si scorgono coralli e gioielli sommersi, il richiamo del mare, veicolo di emozione per Alessandro.

Antichi vasi in vetro con sostanze chimiche in movimento, maschere appese e un giardino alchemico con piante che si arrampicano su un cielo stellato. Ti senti immerso in un’atmosfera libera dal tempo, dove tu stesso diventi parte di quel vortice artistico che pensavi fosse andato perso nel frastuono del turismo di Firenze, e che pensavi potesse non esistere più.

Alessandro Dari è un genio creativo, maestro in arti orafe, gioielliere, scultore, biologo, farmacista e musicista. Il primo ad avere introdotto l’architettura e l’anatomia nel gioiello. L’artista prescelto dal Vaticano, vincitore del Premio Perseocome migliore artista della città di Firenze. Il suo museo bottega ha ricevuto innumerevoli riconoscimenti come quello dell’assessorato delle belle arti di Roma.

Situato in Via San Niccolò 115/R, nell’antico Palazzo Nasi-Quaratesi, risalente al 1400 dove, la famiglia di Alessandro coltiva l’arte orafa dal 1630.

Trovo Alessandro incessantemente al lavoro, seduto sul suo banco orafo, ricurvo sulla cera rossa che sta modellando e che è illuminata da una lampada medievale a forma di sfera che permette la diffusione della luce sul pezzo in creazione.

Si vedono solo le mani di Alessandro Dari, lui è completamente circondato dal buio.

Mentre osservo il museo, che raccoglie più di 1200 pezzi, tutti unici, creati da Alessandro Dari negli ultimi 40 anni, centinaia di persone di tutte le nazionalità entrano a farvi visita. I loro volti sono stupiti, gli occhi incuriositi. Tutti si guardano intorno come a chiedersi se questo posto esiste davvero, come a percepire l’anima creativa dell’artista e sentire il desiderio di incontrarlo. Ma lui resta concentrato sulla materia che prende forma, seduto sul suo banco, non sente complimenti, è completamente immerso nell’ombra e nella luce della sua arte.

Sono alle spalle di Alessandro, lo osservo al lavoro in silenzio. Improvvisamente si volta e mi immergo nell’incontro con l’artista. Alessandro mi racconta di aver iniziato a creare gioielli all’età di 16 anni e di non avere più smesso. Mentre parla sembra captare ispirazione in tutto ciò che lo circonda. Gli chiedo cosa rappresenta il gioiello per lui e mi dice che il gioiello è qualcosa di più elevato rispetto all’arte, perché è l’unica forma di arte che può essere indossata e che simboleggia forza e contenuto e che riesce ad esprime l’essere.

Alessandro mi racconta del concetto di dinamismo percettivo di cui ne è fondatore e portavoce. “Il dinamismo percettivo”, mi dice, “permette all’opera d’arte incompiuta di liberarsi della sua prigionia e di vivere nel movimento.”

L’opera non viene più imprigionata dall’artista ma viene resa libera di vivere.

Chiedo ad Alessandro come concretizza questo concetto nelle sue opere e mi risponde che la ricerca della perfezione nel dinamismo percettivo lo porta proprio a lasciare “incompiute” tutte le sue opere per dare spazio a chi le indossa di renderle personali, libere dalla materia ed infinite, proprio come l’arte. Alessandro mi fa osservare che in un gioiello rappresentante un angelo, dalle ali mancano due piume. L’incompiutezza dell’opera è impercettibile ma c’è ed è questo che permette all’opera di liberarsi dalla materia e di vivere in chi la indossa.

Mi chiedo che ruolo abbia il tempo nel dinamismo percettivo ed Alessandro mi risponde che il tempo non esiste. Il tempo è solo un’invenzione dell’uomo, un mezzo per misurare ciò di cui l’uomo ha bisogno.

Entrando nel museo bottega è infatti proprio questa la sensazione predominante: l’improvviso senso di libertà e il dissolversi del senso del tempo, di cui infondo siamo tutti prigionieri.



Anche l’ispirazione è senza tempo e non lo abbandona mai. “L’ispirazione è come un sogno, soltanto se lo imprimi sulla carta appena ti svegli puoi dargli una forma, altrimenti sarà perduto per sempre.” E così è l’ispirazione per Alessandro che lo chiama a qualsiasi ora. “Mi capita spesso, mi dice, di svegliarmi di notte per creare un gioiello nel mio atelier. Oppure mi capita di suonare un pezzo musicale e di vedere nella composizione delle note una nuova forma” E poi continua raccontandomi del suo affascinante rapporto con la materia “quando mi siedo sul mio banco – mi dice – è la materia che mi parla, è lei a guidarmi nel processo creativo e dirmi cosa fare.”

A questo mondo appartengono più di 1200 gioielli unici, in blutonio, una lega unica, creata da Alessandro e composta da 7 diversi metalli. Un mondo che Alessandro ha creato nella costante ed incessante ricerca di infinito, ma di cui non si sente assoluto detentore. “Io non sono il proprietario di questo mondo, io ne sono il portatore, perché tutti coloro che entrano e che lo percepiscono, ne sono parte integrante.”


L’impegno artistico di Alessandro Dari verso il mondo orafo si esprime anche attraverso la scuola di scultura del gioiello all’interno del suo museo atelier. Alessandro ricorda il primo allievo nel 1997. Dopo un’attenta selezione, gli allievi che ne entrano a far parte non apprendono soltanto la tecnica della micro scultura nel gioiello “chiunque può apprendere la tecnica” – dice il maestro Alessandro Dari – “oltre alla tecnica quello che l’allievo impara è soprattutto la spiritualità delle forme e dei simboli del gioiello. In questo ambiente, il suono, la musica, le luci, sono parte integrante del processo di apprendimento dell’allievo, e soprattutto – mi dice – la mia missione come maestro, è quella di fare entrare in modo silente questa emotività dentro ognuno di loro per poi lasciare ad ogni allievo la libertà di applicarla da solo nel processo creativo.” Osservo una ragazza giapponese intenta a modellare un pezzo di cera che ben presto diventerà un leone capace di ruggire.

Alessandro si alza dal suo banco e mi porta a scoprire il suo museo. Ci soffermiamo sulla parte dedicata al mondo marino. Insieme guardiamo all’interno di tutti gli oblò. Alessandro ha studiato tanti anni l’arte dell’apnea e mi racconta come nel mondo sottomarino abbia sempre trovato ciò che non ha mai trovato nel mondo terrestre.

Insieme osserviamo i gioielli dedicati all’architettura, all’anatomia.

Alessandro mi mostra i collier di ragni da lui creati, 7 pezzi imponenti ed unici, di cui uno esposto nel prestigioso Museo degli Argenti di Firenze. Alessandro mi parla del mondo naturale come il mondo prescelto dall’uomo nella ricerca artistica e creativa del gioiello, citando gli antichi etruschi.

“L’ape – mi dice – ha una forte connotazione emotiva, vive 30 giorni soltanto, 30 giorni in cui ha trovato la sua missione. Noi, quella missione, dobbiamo ancora trovarla.”

Arriviamo difronte a dei macchinari straordinari di cui non saprei definire la funzione. Accende un generatore alchemico capace di sprigionare scintille di fuoco. Poi aziona una radio che capta l’energia delle persone ed emette un suono a seconda di ognuna. Io ed Alessandro ci avviciniamo alla macchina ed emettiamo due suoni unici completamente diversi l’uno dall’altro. Dopo aver ascoltato con attenzione questi suoni, Alessandro torna nel suo laboratorio colto da un’improvvisa ispirazione.

C’è un senso molto profondo che ho colto in questo incontro. Ognuno di noi ha una sensibilità interiore che non sempre è in grado di esprimere. L’incompiutezza dà la possibilità di trovare in ogni opera, ciascuno in modo diverso e personale, la rappresentazione di qualcosa che afferma il proprio io interiore, che, l’arte più usuale, non riesce a far emergere. Forse è per questo che nel mondo incantato di Alessandro Dari per la prima volta, sono riuscita a navigare, con il pensiero, oltre l’arte.

Esco dal museo atelier, mi volto ancora una volta. Sono in ritardo, il treno non mi aspetterà.

Non importa, questo momento è senza tempo e come il non-tempo, con me resterà per sempre.

Grazie Maestro.