ITALIA – Secondo un recente studio di Altagamma, nel 2023 mancheranno più di 200 mila artigiani specializzati all’interno delle aziende manifatturiere, fiore all’occhiello del nostro Made in Italy. Ma in un mondo che va sempre più verso trasparenza e green, siamo sicuri che questa figura così antica e tradizionale non serva più?
Ve lo ricordate il Sabato del Villaggio? E’ lì che Giacomo Leopardi descrive un affascinante mondo dei primi dell’Ottocento dove tra le varie figure protagoniste vi è un falegname che all’imbrunire del giorno, ancora lavora nella sua bottega al lume di una lucerna. “Poi quando intorno è spenta ogni altra face, e tutto l’altro tace, odi il martel picchiare, odi la sega del legnaiuol, che veglia nella chiusa bottega alla lucerna, e s’affretta, e s’adopra di fornir l’opra anzi il chiarir dell’alba”.Questa antica fotografia di questa grande poesia in fondo narra quella che è sempre stata una connotazione del nostro Paese, quel lavoro dell’artigiano che ha secoli di storia e di tradizione. Quello che ti spinge ad andare oltre l’orario lavorativo per riuscire a terminare l’opera nel migliore dei modi, con quella passione che è un tutt’uno col cercare di raggiungere un risultato di eccellenza, svincolato dalle logiche del tempo. Tuttavia, il circuito virtuoso che vede manualità e capacità trasmettersi nel tempo dall’artigiano all’artista, ha iniziato a interrompersi alla fine del secolo passato. Sono sempre meno gli apprendisti e quindi sempre meno gli artigiani.

Secondo un recente studio di Altagamma, di qui al 2023 mancheranno più di 200 mila artigiani specializzati all’interno delle aziende manifatturiere che costituiscono il nostro Made In Italy. La moda necessiterà di più di 46 mila tecnici altamente qualificati nei compartimenti calzaturiero, pelletteria, sartoriale, tessile e maglieria. Così come l’ospitalità del lusso che richiederà più di 30 mila adetti specializzati. Nell’allarme rientra anche il settore del design che avrà bisogno di più di 18 mila artigiani specializzati.
Dov’è il problema? In fondo esistono innumerevoli percorsi formativi per i giovani talenti che si vogliono specializzare nel campo manifatturiero. LVMH propone l’IME, l’Istituto dei Mestieri dell’Eccellenza, con corsi nei settori della pelletteria, calzaturiero, oreficeria. Kering propone laScuola di Alta Sartoria e quella di Alta Pelletteria di Gucci. Inoltre sono molte le grandi aziende del lusso che hanno creato laboratori di apprendistato per formare gli artigiani specializzati in house. Esistono anche aziende come Pomellato che ha creato un laboratorio di eccellenza all’interno della Scuola di Oreficeria Galdus di Milano.
Allora qual è il tassello mancante? Per me la crisi della figura dell’artigiano è qualcosa di più profondo. Basti pensare che le scuole professionali in Italia non godono affatto della stessa partecipazione dei nostri licei. Secondo Altagamma, al termine della scuola secondaria solo 10 mila studenti italiani scelgono di iscriversi all’interno di istituti tecnici, prediligendo i licei. Se ci confrontiamo con la Germania, gli studenti sono 880 mila, in Francia 240 mila.
Forse si tratta di una crisi di valori che coinvolge la nostra società, che ci spinge a pianificare una vita che suona più o meno così: che ti piaccia o no studiare, vai al liceo perché è qualificante e poi laureati, fai uno stage in azienda o in banca, e poi prendi il posto fisso. Oltre a questo, il mondo della standardizzazione e dei modelli di marketing pianificato hanno influenzato i consumatori portandoli sempre più ad una minor sensibilità verso i prodotti artigianali. Questa situazione ha cambiato anche la percezione del valore della professione di artigiano e conseguentemente quella dell’apprendista.
Riconsiderare il valore di tutto questo spetta ai governi ed alle istituzioni. Spetta inoltre alla grandi aziende del lusso valorizzare gli artigiani, a livello gerarchico all’interno delle aziende ma anche a livello salariale. Il reddito infatti dovrebbe essere proporzionato al livello del know how e delle competenze dell’artigiano e dovrebbe non essere inferiore al reddito di un manager perché infondo, le aziende si portano avanti identificando e valorizzando anche le figure più strategiche.
Quello che possiamo fare è diffondere l’idea che oggi essere un artigiano specializzato è qualcosa di diverso, ma di pari livello all’essere un laureato. Parliamoci chiaramente: l’Italia oggi vede migliaia di giovani laureati senza lavoro che fuggono all’estero. Al tempo stesso, la stessa Italia, richiede più di 200 mila artigiani specializzati che non ci sono.
Per me è importante partire dalle scuole secondarie, cercando di presentare agli studenti le opportunità di formazione e gli sbocchi lavorativi che possono offrire gli istituti tecnici professionali. Dovremmo inoltre cercare di renderli eccellenti tanto quanto lo sono i nostri licei.
Questo parte anche da te, che stai leggendo: crederesti in un giovane che decide di specializzarsi nel comparto manifatturiero e diventare artigiano, allo stesso modo in cui crederesti in un giovane laureato?
Ho avuto l’onore di intervistare molti artigiani specializzati del settore orafo alcuni dei quali hanno iniziato a lavorare al banco a 14 anni. Mi hanno parlato delle pietre preziose citandomi Plinio, della tecnica della cera persa raccontandomi la tradizione orafa degli antichi etruschi e confermandomi che non c’è lavoro più dignitoso di quello che viene fatto con passione e dedizione.

La cultura passa attraverso la libertà di specializzarsi in ciò che si ama, avendo riconosciuti gli sforzi che portano ad una preparazione eccellente come quella richiesta agli artigiani specializzati.
Inoltre credo che nel mondo di oggi che va verso la trasparenza e il green chi, più di un artigiano può interpretare questo bisogno della società? Chi più di un artigiano al lume della sua lucerna può andare a riprendere all’industria quello che ci ha portato via negli ultimi decenni? Esprimendo quei valori che appartengono ad una società equilibrata, basati su consumi più compatibili e duraturi?
Non possiamo più rimandare. Il tempo è adesso. E’ adesso che vorrei che i pregiudizi venissero abbandonati, che la figura dell’artigiano venisse rivalorizzata, che le venisse ridato quel valore culturale e sociale che aveva in passato, che ha e che merita; solo così saremo capaci di scoprire dei talenti tra i nostri giovani, recuperare la nostra storia, la nostra tradizione, la nostra unicità.
Solo in questo modo noi riporteremo il nostro Paese ad avere quel plus di vera creatività e qualità, quel Made in Italy, che lo contraddistingue dal resto del mondo.